Il Palazzo
Il nuovo progetto
Il Palazzo degli Anziani all’inizio del Cinquecento conserva un aspetto molto pittoresco, privo di un carattere architettonico unitario. È un insieme di edifici collegati fra loro da passaggi e cavalcavia di epoche e con destinazioni differenti. Al complesso che circonda il Cortile si è aggiunta una nuova ala a nord lungo l’attuale facciata: all’estremità settentrionale si trova il nuovo Palazzo della Gabbella Maggiore, la dogana della Repubblica, ricostruito entro il 1517, con la sala del Consiglio Generale. Più a sud attaccato al precedente sorge un edificio con un giardino (l’attuale cortile Carrara) destinato ai magazzini del sale ed in parte all’Offizio delle Entrate. Due cavalcavia mettono in comunicazione questa fabbrica rispettivamente con il Palazzo vecchio degli Anziani e la torre. Negli stessi anni l’ala occidentale lungo il Cortile degli Svizzeri contigua al Palazzo Vecchio è completamente rinnovata dalle fondamenta destinando il piano terreno ad armeria, il mezzanino a cancelleria, il primo piano come alloggio degli Anziani con una nuova cappella ed un cavalcavia collegato alla chiesa di San Romano. Il complesso densamente occupato dagli uffici pubblici non è ritenuto adatto ad accogliere l’imperatore Carlo V nel 1536 preferendogli il Palazzo Vescovile. Nella notte fra il 28 ed il 29 agosto 1576 un fulmine colpisce la torretta alla sinistra della porta del Cortile provocando l’esplosione delle polveri che vi sono conservate. Il Palazzo vecchio è completamente sventrato e gli edifici adiacenti sono fortemente danneggiati, si contano morti e feriti. L’11 settembre 1577 Bartolomeo Ammannati è incaricato di redigere un nuovo progetto per il Palazzo che viene approvato il mese successivo. Ammannati propone di ricostruire un Palazzo enorme dotato di una nuova torre disposto su tre cortili di cui il centrale è quello degli Svizzeri. I lavori si protraggono dal 1579 fino al 1586 con una spesa di più di 45'000 scudi. Alla fine del secolo è completata la nuova loggia delle guardie, i loggiati del cortile degli Svizzeri e la metà sinistra della facciata fino alla porta centrale. Nell’ottobre 1593 un vasto incendio bruciò danneggiando gravemente l’ultimo piano della nuova fabbrica dove si trovavano anche le prigioni.
La Città
La Città Stato
Lucca nell’arco di pochissimi anni è costretta ad abbandonare la politica filo-francese contro Firenze, ispirata dalla presenza sulla scena italiana dei re di Francia Carlo VIII e Luigi XII. Lucca è città imperiale, i suoi commercianti hanno lucrosi traffici a Lione ed è necessario mantenere una certa neutralità nello scontro fra Impero e Regno di Francia. Nel 1509 deve rinunciare ad appoggiare la causa per l’indipendenza di Pisa. Nel 1513, arbitro papa Leone X (Giovanni dei Medici), le controversie territoriali sono risolte a favore dei fiorentini e degli Estensi. Pietrasanta e Motrone, sono riconosciute legittimamente fiorentine, la Garfagnana diviene definitivamente estense. In questo contesto di riduzione territoriale ai minimi termini, la città stato matura la gravosa decisione di rafforzare e poi ricostruire completamente la cinta muraria secondo le più moderne tecniche di difesa dalle armi da fuoco. Nel 1513 i borghi intorno alle mura medievali vengono rasi al suolo costruendo la «tagliata» ossia una fascia libera larga circa 500 metri, che consenta una più efficace difesa in caso di assedio.
Congiure e rivolte
La vita della città è turbata da alcune congiure di Palazzo e da un moto di piazza. Nel 1522 alcuni esponenti della consorteria della famiglia di Poggio tentano senza successo un colpo di stato assassinando il Gonfaloniere Gerolamo Vellutelli. Pochi anni dopo la crisi della manifattura della seta si percuote sulla fascia più debole, quella dei tessitori. Il Governo tenta di ristrutturare l’industria in sovrapproduzione ma il malcontento sfocia nel 1531 nella rivolta degli Straccioni. I capitani delle arti propongono una riforma costituzionale nella quale le classi inferiori abbiano maggiore rappresentatività, ma per la scarsa organizzazione e per gli eccessi di alcuni rivoltosi la sommossa è repressa duramente senza concessioni. Un nuovo progetto eversivo ideato da Pietro Fatinelli è sventato nel 1542. Grave imbarazzo provoca infine la congiura ordita nel 1545 dal Gonfaloniere in carica, Francesco Burlamacchi, col proposito di abbattere il governo dei Medici in Toscana attraverso la rivolta di Pisa, l’appoggio di fuoriusciti fiorentini e la costruzione di una federazione degli stati toscani sotto l’egida dell’imperatore. Scoperto da Cosimo I de Medici, Burlamacchi è consegnato a Carlo V che nel 1548 lo fa giustiziare, sordo alle suppliche dei Lucchesi.
Lucca e la Riforma Protestante
La Riforma Protestante nel corso del ‘500 attecchisce profondamente a Lucca, le comunità di commercianti nelle città del nord Europa sono il tramite con cui si diffondono le idee riformatrici, i libri proibiti, il desiderio di moralizzazione del clero. Non c’è famiglia che non abbia qualche suo esponente sostenitore o simpatizzante dei riformatori. La presenza degli «eretici» è tollerata e minimizzata dai Lucchesi, consci dei pericoli a cui è sottoposta la Repubblica. Le ripetute minacce di Roma, la paura di una «crociata» fiorentina contro l’eretica Lucca, spingono i riformatori all’esilio volontario a Ginevra e verso altre città del nord. Tuttavia la Repubblica non accetta ingerenze esterne in questo problema, gelosa dell’integrità e della sovranità della sua giurisdizione rispetto alla chiesa. Gli esuli protestanti non subiscono né processi né requisizioni; non sarà mai consentito l’insediamento un tribunale dell’inquisizione o l’avvento dei Gesuiti. L’esodo impoverisce la città di capitali, di risorse umane e culturali. Dal 1556 con la riforma del Gonfaloniere Martino Bernardini, le cariche pubbliche sono accessibili solo alle famiglie di più antica ascendenza. Lucca si trasforma in una repubblica oligarchica.